LE SERVE DI J. GENET AL BIONDO DI PALERMO
- Editore
- Nov, 28, 2016
- Letteratura
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Le serve, secondo spettacolo della stagione di prosa palermitana, sono andate in scena il 25 novembre al Teatro Biondo. Il titolo originale dell’atto unico è Les bonnes, ed è considerato il capolavoro teatrale di Jean Genet. La storia trae spunto da un efferato fatto di cronaca nera accaduto nel 1933 a Le Mans dove le sorelle Papin, a servizio in una casa borghese, maturarono un feroce odio verso la padrona e la uccisero insieme alla figlia. Scritte nel ’46, Le serve, vennero rappresentate per la prima volta a Parigi nel 1947. Nel testo menzogna e verità, illusione scenica e realtà ambiguamente s’intrecciano attraverso la tecnica del teatro nel teatro. J. P. Sartre considerava Les Bonnes “uno straordinario esempio di continuo ribaltamento fra essere e apparire, fra immaginario e realtà”. Vi si colgono anche dotte allusioni a M. Proust come l’infuso di tiglio e le gocce di Gardenal, e reminiscenze classiche che rendono la pièce una moderna tragedia per il recupero dell’unità di luogo e di tempo e il confronto /contrasto col sacro rappresentato da Madame (quanto è bella, quanto è buona, quanto è dolce) e dal suo santuario, la camera con il letto rialzato come un altare, l’armadio con vestiti sontuosi, come paramenti sacri e i gioielli, oggetti del rituale mondano che Madame officia con puntuale zelo. Le due sorelle, Claire e Solange, serve di Madame, durante la sua assenza impersonano rispettivamente Madame e la serva dando vita a un gioco in cui l’identità si sdoppia rivelando l’ambivalenza di sentimenti di attrazione e repulsione, nella quale si individuano risentimento, invidia, rivalità, erotismo che si concretizzano in simboli, che operano il corto circuito tra finzione e realtà. Poco convincente appare l’interpretazione sociologica dell’atteggiamento delle serve verso la padrona come lotta di classe. Sul palcoscenico la tensione cresce fino al delitto che non si compie su Madame. Le lettere anonime che le serve hanno scritto per accusare l’amante di Madame, risultano inefficaci, perché contengono accuse infondate, pertanto l’amante, prima imprigionato, viene liberato suscitando la costernazione delle serve; la tisana di tiglio avvelenata offerta più volte a Madame è alla fine bevuta da Claire, che ormai si è completamente identificata con lei. Solange l’istigatrice è alla fine consapevole dell’imminente suo arresto. La ricerca dell’autore sulle origini del male rimane frustrata, molteplici sono infatti le cause e sempre intrecciate con quello che sembra bene, ma in fondo non lo è. Tutto è marcio sotto la copertura di belle parole o preziose suppellettili. Allo scrittore non resta che svelarlo, senza possibilità di correggerlo. Buona l’interpretazione dei ruoli delle serve rispettivamente Anna Bonaiuto, Solange, Manuela Mandracchia, Claire; senza sfaccettature, monocroma, la Madame di Vanessa Gravina. Interessante la regia di Giovanni Anfuso che ha dato del testo di Genet una lettura in chiave di favola nera, ben coadiuvata dalle scene di Alessandro Chiti con le gigantografie di Madame, che incombono dalle pareti della stanza, e che poi fondendosi danno l’immagine del bosco, luogo chiave delle favole. In sintonia le luci di Umile Vainieri, le musiche di Paolo Daniele e i costumi di Lucia Mariani.(Gabriella Maggio)
Concerto Brandeburghese
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