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Diario di un irriducibile balordo

A circa un secolo di distanza dalla  sua affermazione nella letteratura italiana l’inetto continua  ad interessare  gli scrittori e le scrittrici, tanto da chiedersi quale sia il significato da attribuire all’inettitudine oggi. Probabilmente  oggi c’è bisogno di “ inetti “ per contrastare l’irrefrenabile corsa verso la perfezione ed il successo, considerati i valori più importanti. Perchè  come dice Gesualdo Bufalino in “ Calende greche”I vincitori non sanno quello che perdono.  Dietro l’ atteggiamento inerte e passivo, privo di quella energia vitale di cui necessita la realizzazione di progetti concreti, il raggiungimento di posizioni solide, spesso si nasconde  un tentativo più o meno consapevole  di ribellione nei confronti del modello maschile standard incarnato dal padre  come accade ad  Orazio il  protagonista di  “Diario di un irriducibile balordo” di Annamaria Piazza. Il rifiuto della figura paterna  lo induce  a  non farsi  carico di alcuna responsabilità ed a rinunciare  alla competizione con i miei simili, non avevo motivo di irrequietudini, di odi, di vendette, di rancori. Le affermazioni del protagonista collocano  “Diario di un irriducibile balordo” nella  tendenza della narrativa contemporanea , già  individuata, a   narrare la vita di un inetto. Orazio detesta il proprio  nome  perché gli è stato imposto dal padre : Mio padre, gravato dal destino di figlio primogenito che per primo sperimenta l’autoritarismo  di un genitore despota, mi ha battezzato con questo nome che sono certo è stato causa della mia vita incompiuta. Cerca di cambiarlo ma alla fine, sopraffatto dalla sicurezza delle convinzioni altrui e dalla debolezza delle mie, decisi di mollare il mio intento… La  narrazione, che si articola in capitoli   sui punti salienti della vita come Le donne, Dio, Le chat, I sogni,  è funzionale  alla polisemia del personaggio e al suo rapporto con la società. Orazio  è un uomo  comune che vive  fatti insignificanti.  Prestandosi a   descrivere la psicologia maschile, Annamaria Piazza non si imita all’interiorità del personaggio per renderlo più realistico, ma vuole far emergere la mancanza di ogni valore assoluto e perciò dà prevalenza   più  alla descrizione della soggettività che alla  narrazione dei fatti. La soggettività del protagonista è messa in primo piano, tutto è filtrato attraverso  i suoi   occhi, attraverso il suo punto di vista, da qui l’uso non solo della prima persona, ma dello scavo analitico e  del tempo introspettivo, misto. In mancanza di  valori assoluti e universali  il  personaggio  incarna tutti i difetti dell’uomo comune che vive  una vita fluida, nella quale  si lascia  attraversare dagli eventi senza opporre resistenza. Annamaria Piazza, che si  dimostra  scrittrice matura,  descrive nell’opera  la fragilità del  sistema patriarcale nel momento in cui la critica della mascolinità si traduce in una rivolta silenziosa contro il padre.  Nella lettura si avverte che  il carattere inerte di Orazio  esprime anche  una critica sociale, dà voce al disagio di tutti coloro che non vogliono adeguarsi  e che cercano di mettere in discussione i modelli dominanti. Nell’ultimo capitolo ad Orazio accade qualcosa che lo porta a riflettere sul fatto che non ostante ogni tentativo  di isolarsi  la nostra esistenza è legata da un filo invisibile a quella degli altri…e che per comprenderlo  a pieno  bisognerebbe vivere più volte ed ogni volta con maggiore consapevolezza. In questo modo il balordo Orazio crede di trovare   una soluzione al suo disagio esistenziale e gli sembra che  l’incompiutezza ceda   alla compiutezza. Tuttavia Orazio non cambia atteggiamento, non “matura” , resta  consapevole che i cambiamenti nella vita sono sempre gratuiti e  casuali, indipendenti dal proprio agire, perciò  può continuare a guardare le nuvole ed i tramonti con un fantastico calice di rosso comodamente seduto sulla sua poltrona. Irriducibile, come recita il titolo.

 

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