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La voce libera di Michela Murgia

Michela Murgia è stata una voce libera del nostro tempo. Mancherà a tutti, anche ai suoi detrattori, l’ironico approccio alla cultura dominante del nostro tempo, sempre più omologata e ossequiosa del politicamente corretto. Diceva giustamente che la democrazia si fonda  e si misura sul dissenso e  che la nostra vita è sempre politica perché è fatta di relazioni con le persone e di esperienza della realtà nella quale siamo tutti coinvolti e sulla quale è inevitabile dare un giudizio. Nelle sue opere  letterarie e nella vita  ha con coerenza testimoniato  il suo desiderio di cambiare il mondo attraverso  le relazioni personali, fondate sulle affinità, la percezione del corpo anche malato, e soprattutto l’uso della parola, che assume significato in relazione all’ esperienza di ciascuno. La scrittura , come lei l’intendeva, deve farsi interprete del “disagio”, delle gabbie nelle quali più o meno consapevolmente ci troviamo e deve forzarle con coraggio per progettare  il futuro. Ha scritto molto romanzi, saggi, drammi, note sul costume contemporaneo, rimanendo sempre legata al suo essere “sarda”. La fama  l’ha  raggiunta nel 2009 col romanzo “L’accabadora” vincitore del Campiello , del Dessì, del  Super Mondello. È morta il 10 agosto a 51 anni , stroncata dal cancro. Di questa  ultima esperienza  ha  ampiamente parlato in diverse interviste, nelle quali ha  presentato  con orgoglio la  sua amata  famiglia  queer e i suoi  figli dell’anima, scelti non generati, come si legge in “L’accabadora” . L’ultima sua opera il romanzo “Tre ciotole” rituali per un anno di crisi, edito da Mondadori  è costituito da diverse  storie legate  tutte all’improvviso irrompere nella vita dei personaggi di  un cambiamento radicale. Sorprende e sembra tardivo l’ampio cordoglio dei media, della politica, della cultura per la sua scomparsa. (Gabriella Maggio)

 

 

 

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