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DIVAGAZIONI SU ITALO CALVINO

Dante Maffia

Quasi ogni anno torno a rileggere qualcosa di Italo Calvino e non perché lo ami, ma perché di continuo incontro studenti, professori e perfino intellettuali che insistono sul suo valore, sulla bellezza dei suoi libri. Io non sono riuscito mai ad avvertila, questa bellezza, mai a sentire una emozione se non ne Il sentiero dei nidi di ragno. Poi il “freddo” della sua scrittura, quella “razionalità” perfino troppo calcolata che non mi ha aperto mai spiragli che portassero oltre la pagina. La pagina di Calvino (ma adesso devo dire per me e soltanto per me) è là, immobile, inerte, perfetta come un prodotto d’artigianato faentino, non mi parla. Mi sono chiesto e richiesto perché accade ciò. Non è assolutamente antipatia, non ho avuto che poche occasioni di incontrarlo ed è stato sempre gentile e direi quasi affettuoso, e gentile è stato sempre nel ringraziare ricevendo qualche mio testo. Non è mancanza di sintonia con gli argomenti essendo io uno che ama la letteratura fantastica. Allora? Non lo saprò mai. Rileggendolo mi sembra di attraversare un campo di grano già mietuto e quindi arido, di entrare in un pozzo dove non c’è acqua da attingere, ma soltanto qualche scorpione. Quest’anno ho ripreso in mano Il barone rampante. Una noia mortale, quel sapore di deja-vu che non mi ha abbandonato un attimo, quella lentezza che i troppi particolari  rendono accidiosa e malsana! Certo, l’invenzione è importante, ma se protratta in maniera esagerata (il libro poteva, per essere bello ed essenziale, essere contenuto in ottanta pagine) annoia e dà un forte senso di frustrazione. Non è Italo Calvino il suggeritore della leggerezza e della stringatezza? Sono talmente insistite le azioni che Cosimo compie sugli alberi senza mai scendere che la metafora perde forza e s’impania in ghirigori che comunque sanno anche di stantio. A parte l’evidente saccheggio da Rabelais (la scena dei cervi uccisi, delle api lanciate contro un esercito). Eppure Calvino affascina tanti, tantissimi e sono tanti che lo ritengono un grande scrittore. Mi riferisce una delle mie figlie che una sua amica, grande lettrice! Di romanzi, non ha mai letto pagine così belle sull’amore come quelle incontrate nel Barone rampante al momento in cui Cosimo e Viola si rincontrano! Evidente che il limite è mio, che non riesco a sintonizzarmi sull’onda calviniana, che non riesco a instaurare neppure il minimo di complicità con questo scrittore. Lo sento troppo carico di stereotipi (non provo il medesimo disagio leggendo per esempio Borges), troppo furbescamente e abilmente chiuso in tensioni ideologiche. Mi prendo ovviamente tutte le colpe per la mia cecità di lettore e comunque giuro che ogni anno rileggerò almeno un libro di Italo Calvino.

 

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