Settecentocinquantesimo anniversario della nascita di dante
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- Giu, 18, 2015
- Letteratura
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Figure femminili della Commedia
Piccarda Donati
Dante e Piccarda di Philipp Veit
“Quali per vetri trasparenti e tersi,
o ver per acque nitide e tranquille,
non sì profonde che i fondi sien persi,
tornan d’i nostri visi le postille
debili sì, che perla in bianca fronte
non vien men forte a le nostre pupille;
tali vid’io più facce a parlar pronte;
per ch’io dentro a l’error contrario corsi
a quel ch’accese amor tra l’omo e ’l fonte..”
Nel canto terzo del Paradiso, sulla superficie della luna, Dante vede volti con l’espressione attenta di chi vuole parlare, ma così diafani che è convinto siano immagini riflesse. I versi preludono al colloquio con Piccarda Donati, fiorentina, monaca clarissa, rapita dal convento dal fratello Corso perché sposasse per motivi politici Rossellino della Tosa, influente esponente dei Guelfi Neri. Pare che subito dopo il matrimonio Piccarda si ammalasse e morisse. Consapevole memoria biografica e riferimento alla missione di salvezza s’intrecciano nell’episodio e diventano fulcro del rapporto passato-presente su cui si snoda l’intera Commedia. La similitudine espressa dalla perla in bianca fronte, è delicatamente allusiva alla moda femminile di ornarsi il capo con un diadema di perle col cui splendore gareggiava la carnagione diafana della donna, secondo i canoni della bellezza del tempo. Ma evoca anche il colore bianco, lunare, che caratterizza la scena che si presenta al poeta con effetto tanto straniante da farlo incorrere nell’errore contrario a quello di Narciso. Il procedimento stilistico usato da Dante per dare inizio al colloquio con Piccarda appare in tutto simile a quello usato per Matelda : reminiscenza ovidiana ( Matelda – Proserpina, Dante- Narciso) e realismo ( perla-danza) di marca stilnovista per la grazia stilizzata delle immagini e la dolcezza dell’elocuzione.
Piccarda- S. Dalì
La dolce guida ,Beatrice, chiarisce al poeta che quelle che vede sono sustanze, anime, e non immagini, poste nel cielo della luna perché mancarono ai loro voti. Il poeta si rivolge allora all’anima che sembra più desiderosa di parlare:
“O ben creato spirito, che a’ rai
di vita eterna la dolcezza senti
che, non gustata, non s’intende mai,
grazioso mi fia se mi contenti
del nome tuo e de la vostra sorte…..
I’ fui nel mondo vergine sorella;
e se la mente tua ben sé riguarda,
non mi ti celerà l’esser più bella,
ma riconoscerai ch’i’ son Piccarda,
che , posta qui con questi alri beati,
beata sono in la spera più tarda…..
Perfetta vita e alto merto inciela
Donna più sù , mi disse, a la cui norma
nel vostro mondo giù si veste e vela,
perché fino a morir si vegghi e dorma
con quello sposo ch’ogne voto accetta
che caritate a suo piacer conforma.
Dal mondo, per seguirla giovinetta
fugg’mi, e nel suo abito mi chiusi
e promisi la via della sua setta.
Uomini poi, a mal più ch’a bene usi,
fuor mi rapiron de la dolce chiostra:
Iddio si sa qual poi mia vita fusi…
Così parlommi, e poi cominciò Ave,
Maria cantando, e cantando vanio
Come per acqua cupa cosa grave.”
Piccarda rivela una natura nobile e delicata anche nel ricordo del rapimento e della sua intima sofferenza. Tuttavia dolcezza e femminilità sono anche sinonimi di debolezza e di imperfezione, di legame con i sensi che regolano la vita delle donne. Non si deve dimenticare che anche la perfetta Beatrice, cede il passo a S. Bernardo quando Dante giunge alla presenza di Dio.
Piccarda -Gustave Dorè
Gabriella Maggio
Concerto Brandeburghese
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