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Un fortunato ritrovamento

 

Chiunque possieda un numero sufficiente di libri da porsi il problema della loro sistemazione, sa che la questione non è affatto peregrina. Aveva ragione quel bibliotecario che asseriva solenne: le biblioteche sono governate da una scienza in sé e per sé, non c’è nulla da fare!( Marco Filoni, Inciampi, Italo Svevo 2019).

Alcuni giorni fa mentre cercavo un libro nella mia biblioteca ho trovato, incollato  ad un grosso volume, “ Le famose concubine imperiali “ a cura di Ludovico Di Giura, ed. Arnoldo Mondadori 1958,  un fascicolo azzurro, in parte ingiallito. Era “Il ritorno di Omero” di Dante Maffia, scritto nel 1982 e pubblicato nell’’84 nei Sedicesimi di Letteratura, n.5, supplemento a “Periferia”, n.20 , Cosenza, con prefazione di Giulio Ferroni. Il fascicolo contiene sedici brevi poesie che trattano di come Dante Maffia, riviva la poesia  dell’antico Omero.  È opinione condivisa  che la poesia sia un luogo fatto di memoria e di sentimenti , un continuo colloquio interiore del poeta con se stesso  e con i propri autori; che sia un modo  di essere  nel  mondo  e cercarne la verità. Chi come Dante Maffia  è nato  sulle sponde del Mare Ionio, nell’antica Magna Grecia, percepisce nell’anima  la  presenza del confine  geografico e letterario con la Grecia. Separazione  e  nello stesso  tempo collegamento, ma soprattutto per i poeti autentici come Dante Maffia  irrinunciabile invito a fare  poesia, a   ridefinire la propria identità culturale e umana. Mescolando  la propria  voce poetica a quella dell’antico Omero Dante Maffia   rielabora il  mito  del cieco  cantore in maniera originale facendo riferimento alle inevitabili “modificazioni” del mito  stesso, generate dal susseguirsi degli accadimenti, che ne scandiscono la distanza,  e nello stesso tempo definendo  le “persistenze”  :  “ c’è sempre qualcuno che porta i miei occhi ,/qualcuno che dice ciò che ho detto”, in nome dell’universalità della poesia teorizzata da Aristotele  nella  “Poetica”. Tra i due poeti c’è uno  scambio fecondo d’identità per cui Omero versus Dante può dire : Scendo nelle profondità del vento,/aspiro il nettare dolce del trapasso,/ muto di conoscenza in conoscenza,/ mi trovo in ogni forma, in fasi alterne/ di secoli bugiardi, di deliri. L’esperienza personale di Dante Maffia,  che intreccia  quotidiano, ricerca esistenziale e  desiderio  di autenticità umana, è resa sulla pagina  filtrata dalle trasparenze mitiche che avvolgono  Omero:  non avere nessuna patria , il proprio maledetto vagare. L’Omero  di Dante Maffia arriva  per mare,  remando su una piccola barca…non è cieco,  cerca un tempo/ ignoto alle pupille, ma nel cuore impresso. Come acutamente nota Giulio Ferroni nella prefazione questo Omero è simile a Caronte, è  un traghettatore che unisce le due rive non dell’Acheronte, ma  del Mare Ionio, accompagnando  il compimento della poesia dell’audace Maffia. Leggendo i versi de “ Il ritorno di Omero” qua e là traspare sia la mediazione culturale dell’Alighieri, che tuttavia non osava identificarsi con i poeti antichi, accontentandosi di essere “sesto tra cotanto senno”  o di gareggiare con Ovidio e Lucano come nella iactatio del canto XXV dell’Inferno e di Ugo Foscolo che in quel mare greco ebbe “la culla”.Il  signore dell’altissimo canto / che sovra li altri com’aquila vola, secondo le parole dell’Alighieri nel IV canto dell’Inferno, ha abbandonato il nobile castello,  ora  si contamina con l’identità incerta, del poeta contemporaneo, si frantuma per esprimere i sentimenti degli uomini d’oggi, velleitari che posano a eroi “Sminuzzato e rifatto in particole,/in diseguali miti/inseguo me stesso. I traguardi sono perduti. Di questi tempi  si è  “Eroi solo per un giorno “   come dice  David Bowie in Heroes. Il poeta Omero/Dante resta nella zona d’ombra dell’esserci:” Potessi ancora  diventare Ulisse…Ritroverei la forza del mio canto…” Insieme agli eroi anche il canto epico  che li ha creati  cede  nei versi  del  poemetto all’elegia  del primo fiato d’erba…dei colori dell’aprile. La “parola risolutrice” dev’ essere cavata  dal buio del cuore  con fatica  simile  a quella  del minatore che estrae la materia preziosa dalle cavità della terra. E non è più certa la fama , quella che  arriva a chi viene dopo e lo  nutre   come il  frutto maturo che si disfa  nella terra  e si fa nuovo cibo. Ma come il giovane Holden nel romanzo di Salinger si chiede dove vadano le anatre quando gela il laghetto di Central Parck ,  Dante Maffia/Omero si chiede : Dove sono i miei versi ?…La mia parola chissà/ se come frutto si dissolve/ o resta al fondo/ di simboli segreti…Eppure  Maffia sa di germogliare  dal quel seme dell’antico Omero e non ostante tutto si apre alla  fiducia : Perché la parola vince, apre le tenebre…non s’arrende all’inerzia della carta . E ne è consapevole. Nel suo solitario raccoglimento il poeta trova difesa e consolazione nell’affascinante viaggio  culturale che salda passato e presente, nel convincimento della centralità della Grecia nella  stratificazione  culturale  dell’occidente. La  sua  ardita operazione culturale consiste nella  traslitterazione del mondo epico in elegia. Il passato assoluto, i miti destinati a  compimento, il paradigma dei valori accettati e condivisi si problematizzano e frantumano, diventando ricerca e domanda di senso.  È acuta la consapevolezza di un’unità irrimediabilmente perduta  nel mondo contemporaneo, proposta nella ripresa del mito di Eurinome  e Ofione :  Eurinome trasale, la sua carne / s’apre alla demenza. Il ritorno di Omero è  un’opera  di forte  impatto emotivo  ancora oggi, strutturata su una vasta cultura rivissuta con  piena consapevolezza di ciò che necessariamente muta e ciò che resta , pur nella incessante metamorfosi  odierna :  il canto dei poeti. Il  ritmo dei  XVI  componimenti  è fluido, le immagini visive e sonore  si susseguono senza interruzione. È frequente l’uso  dell’enjambement che  dà risalto alle parole, mentre la sintassi semplice asseconda il movimento espansivo del pensiero, dal mito alla quotidianità.

 

 

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