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Ricordando   Milan  Kundera

 

 

Milan Kundera , nato il 1° aprile del 1929 a Brno ,è morto a Parigi all’età di 94 anni. Conclusasi  la Primavera di Praga si era trasferito  in Francia  nel 1975 con l’aiuto di alcuni intellettuali  che gli fecero ottenere una cattedra prima all’Università di Rennes e successivamente alla Sorbona. Nel 1981 ottenne la cittadinanza francese per interessamento del Presidente Fr.  Mitterand. La sua prima esperienza artistica è stata la musica, sull’esempio del padre compositore e insegnante di pianoforte. Di questa esperienza è rimasta traccia, secondo  Martine Boyer-Weinmann, nel suo stile di scrittore : “la portata dell’educazione musicale di altissimo livello si trova sia nel principio compositivo che nei leitmotiv centrali che irrigano l’opera di Kundera: la riflessione su ritmo e accelerazione, l’accostamento dei tempi, la polifonia, lo stile legato e staccato, la fuga e la coda, la lezione perfettamente assimilata della modernità musicale, in particolare Schoenberg”. Si avvicinò poi all’ambiente della “Nova vlna”, la Nouvelle Vague ceca, affermatasi negli anni sessanta con i primi film di Milos Forman. Ma presto se ne allontanò perché era convinto che non realizzava l’obiettivo di cogliere l’immediatezza della realtà. Sentiva  che soltanto il romanzo vi  poteva riuscire   perchè  “Il romanziere demolisce la casa della sua vita per costruire, con le pietre, la casa del suo romanzo,  per questoè difficile cancellare il legame intimo e personale con la storia che si dissolve nell’atto dello scrivere”. Amava definirsi  romanziere e non scrittore. Quando aveva già scritto diverse opere in versi e in prosa raggiunse la fama mondiale col romanzo  “L’insostenibile leggerezza dell’essere” , pubblicato in Francia nel 1984 e  ancora oggi considerato il suo capolavoro. Ambientato nella Praga degli anni ’60 pur raccontando la storia d’amore di Tomáš, e Teresa non può considerarsi un romanzo d’amore, ma un romanzo-saggio per le numerose riflessioni filosofiche ed esistenziali. Secondo il titolo non possiamo sostenere la leggerezza, la frivolezza della vita, ma neanche il suo contrario, la pesantezza, la ricerca continua di senso, di cui però non possiamo fare a meno. Non è possibile dare una risposta, perché sarebbe sempre parziale e “in autentica” ,  direbbe Nietzsche, il filosofo di riferimento. La leggerezza è rappresentata da Tomáš, un vero dongiovanni che ricerca in ogni donna l’unicum che la caratterizza. La pesantezza è delineata in Teresa che non vuole essere soltanto un corpo, alla  ricerca la sua “particolarità “  vuole  sempre trovare un senso nel mondo. Tomas è libertà, leggerezza, frivolezza. Teresa è peso, esigenza di senso. In fondo rappresentano i due  aspetti fondamentali dell’uomo. La situazione appare specularmente rovesciata   nella parallela storia di Franz e Sabina. Sullo sfondo della narrazione c’è  la Primavera di Praga e l’invasione   dei carri armati sovietici. Il tema storico-politico apre la riflessione sul kitsch come categoria metafisica, che è ben altro rispetto  alla considerazione estetica con cui di solito viene usata la parola. Kundera definisce   kitsch  l’atto di eliminare dalla realtà tutto ciò che è inaccettabile da un punto di vista estetico o sentimentale. In termini narrativi è trasformare la storia in leggenda accontentandosi di un senso semplice e dozzinale. Le domande poste dalla vita  e dalla storia non hanno né possono avere una risposta, sono simili alle domande dei bambini. Pertanto è il romanzo, l’invenzione della modernità , che solo può rappresentare anche attraverso l’humor  l’ambiguità  della  condizione umana. Emblematici i modelli di Cervantes e Rabelais. Dopo L’insostenibile leggerezza dell’essere” Kundera ha scritto altre opere sempre di notevole pregio, ma che non hanno avuto quello straordinario successo, favorito anche dalla realizzazione cinematografica. La sua fama  è stata  minata nel 2008 dal ritrovamento di  un documento ,conservato nell’archivio dei Regimi totalitari , che accusava un giovane di nome Milan Kundera di aver denunciato nel 1950 un ceco al servizio degli inglesi come spia, tale Miroslav Dvorácek. Si parlò molto  e con stupore di Milan  Kundera delatore,  dando inizio alla sua lenta “morte” nell’isolamento mediatico e nella perdita di consenso tra gli intellettuali. Svanì  soprattutto  la possibilità di ricevere il  Nobel a cui era da tempo candidato. Kundera  ha vissuto  gli ultimi anni in solitudine sempre più scontrosa. Come il suo Nietzsche è stato umano, troppo umano. Gabriella Maggio

 

 

 

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