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PRIMO LEVI A CENT’ANNI DALLA NASCITA

Primo Levi nasce a Torino nel 1919 da una famiglia borghese di origine ebraica, ultimati gli studi classici, si laurea in chimica nel 1941. A causa delle leggi razziali del ’38 svolge soltanto lavori semiclandestini. Dopo l’armistizio dell’8 settembre del ‘43entra in una formazione partigiana, ma viene presto arrestato e condotto prima al campo di concentramento di Fossoli, vicino a Modena, poi ad Auschwitz, dove riesce a sopravvivere, perché svolge il lavoro di tecnico. Liberato nel ’45 dai russi, dopo un tortuoso itinerario  raggiunge l’Italia.    Nel ’47 pubblica Se questo è un uomo un memoriale della sua esperienza nel campo di concentramento per uno studio pacato di alcuni aspetti dell’animo umano (come dice nella prefazione) . Al racconto si mescola la riflessione, con un procedere da “moralista”, pronto a cogliere  gli aspetti più generali nei fatti specifici. Numerosi sono i riferimenti letterari dalla Commedia di Dante alla Bibbia a Dostoevskij. Tema fondante è l’annientamento dell’uomo perpetrato attraverso la fame, l’oltraggio, la distruzione della persona, l’abiezione del lavoro inutile, intrecciato a quello della difesa della propria dignità, il sopravvivere della solidarietà e dell’amicizia, il valore della memoria. Interessante è l’uso del presente storico perché Auschwitz è una ferita sempre aperta  per i sopravvissuti. Nel ’63 pubblica La tregua , dove racconta il difficile rientro in Italia dopo la liberazione da Auschwitz. L’opera che, secondo Pier Vincenzo Mengaldo,  è un romanzo picaresco moderno denuncia che la violenza non è finita con la guerra,  ha soltanto una tregua  in attesa della prossima tragedia. Levi  pubblica altre opere in cui descrive il mondo come un caos indistinto sul quale stentano ad affermarsi i valori dell’intelligenza umana; pur non trattando direttamente il tema del lager tuttavia vi ritorna  per ripercorrerne alcuni episodi. La riflessione sul mondo concentrazionario tocca il momento più alto nei saggi che compongono I sommersi e i salvati del 1986  in cui Levi dice che i sopravvissuti sono testimoni soltanto parziali delle atrocità, mentre quelli significativi sarebbero i sommersi , ai quali è importante dare voce. Lo scrittore teme infatti che col tempo cali l’oblio sulle memorie o che  esse possano perdere il loro carattere unico e atroce  ed essere considerate uno dei tanti eventi tragici della storia. Sottolinea soprattutto che lo sterminio di massa è stato concepito da popolazioni colte e tecnologicamente avanzate. Nel 1987 Primo Levi si suicida, forse per una crisi depressiva. La fama di Primo Levi è legata innanzitutto alla sua testimonianza di superstite di Auschwitz , ma ha più volte affermato nelle diverse opere la sua qualità di scrittore .

 

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