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Maria Grazia Calandrone”Dove non mi hai portata” ed. Einaudi

L’amore come luce della vita, filo d’Arianna  nel labirinto  della realtà, nelle sue  profonde lacune. Filo rosso che cuce insieme i fatti da raccogliere per  formare  la memoria. Questo filo, dipanato dal caso e dalla volontà ,  guida il “ nostos “ di Maria Grazia Calandrone a Palata, a Milano e nei luoghi di quella Roma , dove  l’ha portata la  volontà  dei genitori naturali , che vi hanno trascorso le ultime ore della loro vita.  Dopo avere affrontato in Splendi come vita il complesso intenso rapporto con la madre adottiva in “Dove non mi hai portata “, edito da Einaudi, la scrittrice  affronta con coraggio anche maggiore la ricostruzione  della  vita della madre  biologica, Lucia Galante. Mette insieme le scarne testimonianze di quella vita semplice conclusa volontariamente, dopo molte sofferenze sopportate con grande dignità, insieme  all’uomo che ama  nell’acqua del Tevere , e nello stesso tempo costruisce e rafforza il legame affettivo con la madre : Sono venuta a prenderti, Lucia. Qui dovevo arrivare. Anzi tornare. A pagina 123 del mio dattiloscritto posso finalmente accarezzare il volto di mia madre, e il suo corpo di luce e di niente.

Come  direbbe la poeta Beatriz Hernanz Maria Grazia si fa archeologa di sé stessa ricercando e interpretando documenti, oggetti, sentimenti  che le parlano della madre e della sua nascita.  Alle lacune s’intrecciano ipotesi  dettate  e avvalorate  dall’essere donna, dalla complicità femminile.  Il tema portante della narrazione,  l’indagine   su Lucia, ne genera altri non meno importanti all’occhio della scrittrice, perché portatori di un preciso   messaggio civile   come la condizione femminile oppressa da violenze fisiche e morali, che smorzano ogni slancio di vita appagata e libera, il boom economico e l’emigrazione al nord in cerca di lavoro, le leggi inique sull’adulterio. Lucia indesiderata sin dalla nascita,quarta femmina in una famiglia contadina che aspetta con ansia il maschio, sposa  contro voglia, perché è innamorata di Tonino, un uomo  inetto e violento, che non consuma il matrimonio; poi  quando la sua vita le sembra irrimediabile, casualmente incontra Giuseppe e nasce  l’amore. Lucia asseconda il suo sentimento e abbandona il tetto coniugale, subendo la conseguente denuncia; lo stesso fa Giuseppe. Quando Lucia è incinta vanno a   Milano attratti dall’abbondanza di lavoro. Lì nasce Maria Grazia che viene considerata dalle norme vigenti illegittima e per questo in un primo tempo è affidata  a  un befotrofio. Quando Lucia può riprendere con sé la figlia cominciano i disagi economici della coppia costretta a lavori precari  in nero a causa  delle denunzie   di adulterio  che incombono su di loro. Sopraffatti dalle difficoltà economiche, preso atto che nessuno dei familiari di Lucia  vuole accogliere “ la figlia della colpa” entrambi decidono di togliersi la vita, annegandosi nel Tevere e di affidare Maria Grazia alla compassione degli uomini. Le  ultime ore di Lucia e Giuseppe sono vissute con grande consapevolezza e lucidità. Il loro obiettivo è dare un futuro dignitoso alla figlia per questo la scelta di Roma, di Villa Borghese come luogo dell’abbandono, della lettera  all’Unità nella quale si svela il nome e la data di nascita di Maria Grazia, i pochi bagagli lasciati con i documenti nei pressi della fermata del pullman che viene da Milano. Su questi indizi viene ricostruita dagli inquirenti, e quindi dalla scrittrice, la breve storia della bambina che presto  sarà adottata da Consolazione Nicastro e Giacomo Calandrone, deputato del PCI . Insieme alla sua più intima storia  Maria  Grazia Calandrone  traccia nel romanzo un affresco preciso, a volte crudo, dell’Italia degli anni ’50  e ’60 del suo slancio verso il futuro, della povertà economica e morale del Sud, dei pregiudizi che strangolano uomini e donne, della legislazione iniqua. Eppure  Lucia e Giuseppe hanno ragione di confidare, ancora, nella solidarietà umana. Ed è questa stessa fiducia negli uomini che porta la scrittrice a liberarsi di ogni risentimento nei confronti di chi ha rifiutato sua  madre e lei  bambina  perché lo crede vittima dell’ignoranza e dei pregiudizi che  allignano nel contesto nel quale vive. Storicizzare e contestualizzare, ci dice Maria Grazia, per comprendere con mente libera e cercare di sconfiggere il pregiudizio. Come sua madre , Maria  Grazia  ama capire. Lucia che aveva frequentato soltanto la seconda elementare, è stata  una donna libera perché aveva cuore. Quello che ancora splende, irreparabile. I piani temporali s’intrecciano nella narrazione così come il racconto dei fatti con i sentimenti  ed il  vissuto emotivo  della scrittrice. La lingua ed il periodare   rispecchiano  nel loro  ritmo poetico gli affetti e le emozioni. Sentimento e pensiero guidano la narrazione perchè la madre diventi reale, abbia calore e odore. Ma il romanzo contiene anche  un canone personale della scrittrice, una sua biblioteca dove si trovano V.Sereni, P.Paolo Pasolini, V.Trevisan, M. I. Cvetaeva . Il mondo cambia solo grazie a chi sogna un mondo nuovo. Gabriella Maggio 

 

 

 

Maria Grazia Calandrone ha vinto il Premio Vittorimi 2023. Propongo la mia recensione.

L’amore come luce della vita, filo d’Arianna  nel labirinto  della realtà, nelle sue  profonde lacune. Filo rosso che cuce insieme i fatti da raccogliere per  formare  la memoria. Questo filo, dipanato dal caso e dalla volontà ,  guida il “ nostos “ di Maria Grazia Calandrone a Palata, a Milano e nei luoghi di quella Roma , dove  l’ha portata la  volontà  dei genitori naturali , che vi hanno trascorso le ultime ore della loro vita.  Dopo avere affrontato in Splendi come vita il complesso intenso rapporto con la madre adottiva in “Dove non mi hai portata “, edito da Einaudi, la scrittrice  affronta con coraggio anche maggiore la ricostruzione  della  vita della madre  biologica, Lucia Galante. Mette insieme le scarne testimonianze di quella vita semplice conclusa volontariamente, dopo molte sofferenze sopportate con grande dignità, insieme  all’uomo che ama  nell’acqua del Tevere , e nello stesso tempo costruisce e rafforza il legame affettivo con la madre : Sono venuta a prenderti, Lucia. Qui dovevo arrivare. Anzi tornare. A pagina 123 del mio dattiloscritto posso finalmente accarezzare il volto di mia madre, e il suo corpo di luce e di niente.

Come  direbbe la poeta Beatriz Hernanz Maria Grazia si fa archeologa di sé stessa ricercando e interpretando documenti, oggetti, sentimenti  che le parlano della madre e della sua nascita.  Alle lacune s’intrecciano ipotesi  dettate  e avvalorate  dall’essere donna, dalla complicità femminile.  Il tema portante della narrazione,  l’indagine   su Lucia, ne genera altri non meno importanti all’occhio della scrittrice, perché portatori di un preciso   messaggio civile   come la condizione femminile oppressa da violenze fisiche e morali, che smorzano ogni slancio di vita appagata e libera, il boom economico e l’emigrazione al nord in cerca di lavoro, le leggi inique sull’adulterio. Lucia indesiderata sin dalla nascita,quarta femmina in una famiglia contadina che aspetta con ansia il maschio, sposa  contro voglia, perché è innamorata di Tonino, un uomo  inetto e violento, che non consuma il matrimonio; poi  quando la sua vita le sembra irrimediabile, casualmente incontra Giuseppe e nasce  l’amore. Lucia asseconda il suo sentimento e abbandona il tetto coniugale, subendo la conseguente denuncia; lo stesso fa Giuseppe. Quando Lucia è incinta vanno a   Milano attratti dall’abbondanza di lavoro. Lì nasce Maria Grazia che viene considerata dalle norme vigenti illegittima e per questo in un primo tempo è affidata  a  un befotrofio. Quando Lucia può riprendere con sé la figlia cominciano i disagi economici della coppia costretta a lavori precari  in nero a causa  delle denunzie   di adulterio  che incombono su di loro. Sopraffatti dalle difficoltà economiche, preso atto che nessuno dei familiari di Lucia  vuole accogliere “ la figlia della colpa” entrambi decidono di togliersi la vita, annegandosi nel Tevere e di affidare Maria Grazia alla compassione degli uomini. Le  ultime ore di Lucia e Giuseppe sono vissute con grande consapevolezza e lucidità. Il loro obiettivo è dare un futuro dignitoso alla figlia per questo la scelta di Roma, di Villa Borghese come luogo dell’abbandono, della lettera  all’Unità nella quale si svela il nome e la data di nascita di Maria Grazia, i pochi bagagli lasciati con i documenti nei pressi della fermata del pullman che viene da Milano. Su questi indizi viene ricostruita dagli inquirenti, e quindi dalla scrittrice, la breve storia della bambina che presto  sarà adottata da Consolazione Nicastro e Giacomo Calandrone, deputato del PCI . Insieme alla sua più intima storia  Maria  Grazia Calandrone  traccia nel romanzo un affresco preciso, a volte crudo, dell’Italia degli anni ’50  e ’60 del suo slancio verso il futuro, della povertà economica e morale del Sud, dei pregiudizi che strangolano uomini e donne, della legislazione iniqua. Eppure  Lucia e Giuseppe hanno ragione di confidare, ancora, nella solidarietà umana. Ed è questa stessa fiducia negli uomini che porta la scrittrice a liberarsi di ogni risentimento nei confronti di chi ha rifiutato sua  madre e lei  bambina  perché lo crede vittima dell’ignoranza e dei pregiudizi che  allignano nel contesto nel quale vive. Storicizzare e contestualizzare, ci dice Maria Grazia, per comprendere con mente libera e cercare di sconfiggere il pregiudizio. Come sua madre , Maria  Grazia  ama capire. Lucia che aveva frequentato soltanto la seconda elementare, è stata  una donna libera perché aveva cuore. Quello che ancora splende, irreparabile. I piani temporali s’intrecciano nella narrazione così come il racconto dei fatti con i sentimenti  ed il  vissuto emotivo  della scrittrice. La lingua ed il periodare   rispecchiano  nel loro  ritmo poetico gli affetti e le emozioni. Sentimento e pensiero guidano la narrazione perchè la madre diventi reale, abbia calore e odore. Ma il romanzo contiene anche  un canone personale della scrittrice, una sua biblioteca dove si trovano V.Sereni, P.Paolo Pasolini, V.Trevisan, M. I. Cvetaeva . Il mondo cambia solo grazie a chi sogna un mondo nuovo.  

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