L’abbaglio di Concetta
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- Apr, 11, 2025
- Letteratura
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Lucilla Morlacchi interprete di Concetta
Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa è stato il primo best-seller italiano con oltre 100.000 copie vendute. Vincitore del Premio Strega 1959 è argomento ancora vivo in questi giorni. Oltre alla recente fiction su Netflix, sul palcoscenico del Teatro Biondo di Palermo Francesco Piccolo rievoca la storia della pubblicazione del romanzo, svelando i retroscena editoriali che hanno come protagonisti Elio Vittorini e Giorgio Bassani e per un fortunato disguido anche Carlo Bo. Anche il restauro del film di Luchino Visconti del 1963 ha contribuito a mantenere viva l’attenzione sull’argomento in occasione dei 120 anni della Titanus di Goffredo Lombardo, la più antica casa cinematografica italiana, che a causa dei costi stratosferici del film di L. Visconti fu costretta a dichiarare fallimento. Giuseppe Tornatore ha dedicato a Goffredo Lombardo un DVD “L’ultimo Gattopardo” , che contiene approfondimenti sul film e aneddoti durante le riprese, insieme a note critiche e artistiche. Il perdurare del successo del Gattopardo , oggi diviso tra romanzo e film, nasce dal fatto che ciascuno vi ritrova rappresentata la propria paura del cambiamento, perché, oggi ancor più che in passato, abbiamo consapevolezza del nostro status incerto e «liquido», per citare la nota metafora euristica di Bauman. Noi che siamo immersi in un mondo interconnesso e in rapida e continua evoluzione non viviamo lo stesso trauma raccontato dal romanzo (il passaggio dallo stato borbonico a quello nazionale), ma tanti altri molto simili. I quasi settant’anni intercorsi dalla pubblicazione sono una buona distanza per misurare la fortuna e la resistenza di un’opera. Non è quindi fuori tempo proporre una lettura diversa, sghemba , del romanzo, rispetto a quelle più dirette e tradizionali che focalizzano il principe Fabrizio o il milieu storico, seguendo l’assunto critico che le letture di un’opera sono legittime se rispecchiano le connessioni strutturali e di senso dell’opera stessa. Concetta è la figlia preferita del principe Fabrizio, perché nella sua bellezza e nel suo carattere si perpetuava una vera Salina. Ma anche la figlia punita, secondo la definizione di S. S.Nigro. E soprattutto è la donna convinta di essere stata “sacrificata” dal padre all’ambizione politica di Tancredi, il brillante cugino di cui è innamorata. Le attenzioni, gli sguardi, le mezze-parole del cugino le hanno rivelano che è innamorato di lei. Da brava figlia si confida con padre Pirrone, il “devoto religioso di casa” affinchè chieda al principe di Salina cosa debba rispondere alla proposta di matrimonio del cugino, che ritiene imminente. Ma don Fabrizio che amava ancor di più Tancredi di Concetta e che desiderava che il giovane si costruisse un grande avvenire: avrebbe potuto essere l’alfiere di un contrattacco che la nobiltà, sotto mutate uniformi, poteva portare contro il nuovo ordine politico e per questo occorrevano molti soldi, risponde : Concetta con tutte le sue virtù passive sarebbe stata capace di aiutare un marito ambizioso e brillante?….Timida e riservata, ritrosa com’era …….Dite a Concetta ….riparleremo quando saremo sicuri che non si tratta soltanto di fantasie di una ragazza romantica. Francesco Orlando (L’intimità e la storia. Lettura del «Gattopardo», Collana Biblioteca, Einaudi, Torino 1998) ha intravisto un possibile “pericolo edipico” nelle parole che il principe pronuncia nel monologo interiore : “Il pericolo non era vicino. Pericolo. La parola gli risuonò in mente con tanta nettezza che se ne sorprese. Pericolo. Ma pericolo per chi ? ” La ripetizione del lemma “pericolo’” per ben quattro volte all’inizio della frase fa sospettare che l’interdetto nei riguardi del sentimento amoroso di Concetta non sia solo legato alle ragioni razionalizzanti che il principe enumera dentro di sé e con il gesuita, ma proprio al “pericolo edipico” di cui il principe non è cosciente. La famiglia Salina, di cui Tomasi di Lampedusa racconta la saga attraverso il succedersi delle generazioni, è una famiglia patriarcale, dove la condizione delle donne è paragonabile a quella di una minoranza oppressa. Alle donne viene offerto un universo tutto loro: la famiglia. Ma sia la donna, che la famiglia sono considerate soltanto come oggetti naturali. Nessuno pensa che siano una creazione culturale. Soltanto due volte, prima dell’ultimo capitolo di cui è protagonista, Concetta parla in prima persona. La prima volta durante il pranzo a Donnafugata quando rimprovera aspramente Tancredi che ha raccontato l’aneddoto del convento dell’Origlione e delle monache di clausura, suscitando la risata irrefrenabile di Angelica :
Col volto di brace, con due piccole lagrime sull’orlo delle ciglia:”Tancredi, queste brutte cose si dicono al confessore, non si raccontano alle signorine, a tavola, per lo meno quando ci sono anch’io” E gli volse le spalle. E il giorno seguente durante la visita al convento della beata Corbera, quando fa in modo che il cugino non possa entrare: Col suo sorriso più dolce si rivolse al cugino: “Tancredi, passando abbiamo visto una trave per terra, davanti la casa di Ginestra. Vai a prenderla, farai più presto a entrare”. L’occhio azzurro di Tancredi s’incupì ed il volto gli divenne rosso come un papavero, non si sa se per vergogna o ira; voleva dire qualcosa a Don Fabrizio sorpreso, ma Concetta intervenne di nuovo, con voce cattiva adesso, e senza sorriso. ”Lascia stare , papà, lui scherza; in un convento almeno c’è stato, e gli deve bastare; in questo nostro non è giusto che entri”.
Della figlia prediletta, sebbene punita, il principe si ricorderà in punto di morte e la includerà tra i pochi momenti memorabili della propria vita. Ma all’Hotel Trinacria dove don Fabrizio muore, tutti i familiari piangono, solo Concetta è l’unica ad avere gli occhi asciutti. Concetta è protagonista dell’ottavo ed ultimo capitolo del romanzo. Nel maggio 1910 sono trascorsi cinquant’anni dall’inizio del racconto della famiglia Salina. Il principe è morto nel 1883, il patrimonio superstite è stato diviso tra i figli. A Concetta, Caterina e Carolina è rimasta la villa. Domina tutte Concetta , pur non essendo la maggiore ( solo a questo punto l’autore lo svela) forse perché il principe l’ha sempre considerata la vera Salina della casa. Un nipote, ignorante di storia familiare ed europea, le ha dato il soprannome di zarina, per il carattere autoritario. Nella persona di lei emergevano ancora i relitti di una passata bellezza: grassa, imponente nei suoi rigidi abiti di moire nera, essa portava i capelli bianchissimi rialzati sulla testa in modo da scoprire la fronte quasi indenne; questo, insieme agli occhi sdegnosi e ad una concentrazione astiosetta al di sopra del naso, le conferiva un aspetto autoritario… In quei giorni casa Salina è sconvolta dall’accertamento dell’idoneità da parte dell’Archidiocesi delle reliquie e delle suppellettili della cappella privata. Caterina e Carolina sono bigotte e considerano quell’esame un’offesa alla casa. Concetta è indifferente e impassibile. Nel deserto della sua stanza , insieme a mobili antiquati e di pessimo gusto troneggiano quattro casse di legno verde, piene del suo corredo, e le fotografie di coloro che le avevano inferte ferite e che perciò non erano dimenticati in morte….Bendicò , morto da quarantacinque anni imbalsamato è l’unica cosa che non evoca dolore. Concetta comprende che l’eliminazione di tanta suppellettile della cappella sarebbe stato un altro colpo al prestigio della famiglia, già intaccato. Mentre è assorta in questi pensieri arrivano in visita Angelica, la vedova di Tancredi , morto da tre anni, e Tassoni, compagno del cugino durante l’impresa dei Mille. Angelica è impegnata ad organizzare le celebrazioni del cinquantenario dei Mille. Tassoni parla a Concetta di Tancredi, le dice quanto le voleva bene, di come parlava di lei, di come avesse inventato l’episodio delle monache dell’Origlione e di come l’avrebbe abbracciata quella sera al pranzo di Donnafugata commosso per il suo sdegno. Tancredi non l’aveva mai dimenticata. Le parole di Tassoni la destabilizzano, fanno cadere lo scheletro di tutto il suo modo di pensare…non vi erano stati nemici ma una sola avversaria, essa stessa; il suo avvenire era stato ucciso dalla propria imprudenza, dall’impeto rabbioso dei Salina, le veniva meno adesso, proprio nel momento in cui dopo decenni i ricordi ritornavano a farsi vivi, la consolazione di poter attribuire agli altri la propria infelicità, consolazione che è l’ultimo ingannevole filtro dei disperati…..dal fondo atemporale dell’essere un dolore nero salì a macchiarla tutta dinanzi a quella rivelazione di verità. Concetta ormai settantenne e malata di cuore riesamina la sua vita alla luce delle parole di Tassoni e comprende di essere l’unica responsabile del suo abbaglio, dell’errore che ha segnato il suo destino. Ma lo scrittore interviene nella narrazione con ironia, per evitare che la situazione scada nel sentimentale, chiedendosi cosa sia la verità. Il suo obiettivo non è quello di proporre un orizzonte di senso alternativo, ma di ribadire la validità effimera degli orizzonti dei personaggi : In nessun luogo quanto in Sicilia la verità ha vita breve……e l’infelice Concetta voleva trovare la verità di sentimenti non espressi, ma soltanto intravisti mezzo secolo fa! La verità non c’era più , la sua precarietà era stata sostituita dall’irrefutabilità della pena. Tassoni percepisce di avere turbato Concetta ed Angelica, punta da un fantasma di gelosia, gliene dà conferma : essa era pazzamente innamorata di Tancredi, ma lui non aveva mai badato a lei. Queste parole, che Concetta non ode, gettano ancora ombre e dubbi sulla verità. Concetta condivide la sorte del padre, anche lui vittima di un abbaglio per avere creduto di potere gestire il cambiamento politico dell’Unità d’Italia attraverso la carriera politica di Tancredi. Come Concetta il principe lo comprende tardi, alla fine della sua vita, quando deve ammettere che Garibaldi, quel barbuto Vulcano, ha vinto e il suo mondo, il suo modo di vivere scompaiono con lui. Concetta s’aggrappa alle parole di Tassoni, e comprende di essere sempre vissuta in un abbaglio, da cui è nato l’astio verso il padre, ritenuto colpevole d’averla sacrificata. Le storie dei personaggi quindi si frantumano in una pluralità di paesaggi temporali i cui orizzonti di senso perdono presa sul mondo. Anche l’esame delle reliquie e delle suppellettili sacre, risulta sconfortante. Vengono ritenute autentiche soltanto cinque reliquie, le altre sono da scartare. Concetta nella sua stanza avverte un vuoto interiore, assoluto. Ora anche Bendicò è una presenza dolorosa. Decide di liberarsene, facendolo gettare in un angolo del cortile. Durante il volo dalla finestra il cane si distende assumendo la figura di un felino. Poi tutto trovò pace in un mucchietto di polvere livida. Il lemma “tutto” serve a nascondere, ad anestetizzare il trauma della distorsione cognitiva. Il senso della conclusione del romanzo resta ambiguo, perché non è chiaro il significato che per Concetta assume la rottura definitiva col passato. I personaggi del romanzo,come sottolinea Alessio Balducci(in Il Gattopardo di Lampedusa come saga familiare, Allegoria n.83), vivono l’erosione dell’orizzonte di senso della famiglia patriarcale, cioè lo svanire di quello sfondo fatto di credenze, valori, norme, scenari, ruoli, storie e identità rispetto al quale si definisce un sistema di relazioni familiari, basato su una rigida gerarchia di sesso ed età che sancisce il dominio del genere maschile sul femminile e della generazione dei padri su quella dei figli, riconoscendo al marito e padre l’autorità morale e il potere di stabilire gli obblighi reciproci dei familiari e controllarne comportamento e scelte di vita.(Gabriella Maggio)
Concerto Brandeburghese
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