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INCONTRO CON GIACOMO FAILLA

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Buddha

Negli ultimi giorni della mostra  palermitana di Hologram nelle sale di Palazzo Ziino, dal 20 marzo al 10 aprile 2015,  mi ero proposta di intervistare Giacomo Failla. L’intervista  si è subito trasformata in  un’affabulazione  fluente, perché  l’artista, che è anche un poeta, mi ha narrato la sua esperienza del mistero della realtà, di cui coglie i significati più profondi, intuendoli al di là  degli strumenti razionali nel loro valore simbolico e assoluto. Giacomo  Failla  si è rivelato  un cantastorie. E come i cantastorie ha illustrato il suo percorso artistico e personale col canto dei suoi colori  sulla tela dei quadri,  tappe – stazioni del suo credo mistico, dove s’intersecano e stratificano suggestioni di diverse credenze dell’Oriente, dall’India all’area giudaica ed egiziana. Le tappe di questo percorso vanno ricercate con una certa cura nella  dislocazione  dei quadri nelle varie sale di Palazzo Ziino e  naturalmente è stata essenziale la voce narrante del pittore. La Merkaba, il carro, prima o poi giunge, bisogna stare in attesa Waiting, questa è la condizione umana che rivive  antichi miti come il labirinto (Labirinth), ma anche quelli moderni My Gold Marylin, My Green Marylin,  Facebook  girl, Jazz. Hologram, il titolo della mostra, fa da soglia ai significati rappresentati nelle immagini tridimensionali realizzate con sofisticata tecnica pittorica  affidata a strisce di colori diversi tracciate con non comune abilità e fluidità di tratto. Il colore fa da lastra sensibile su cui s’incidono la luce interna  all’oggetto e quella riflessa dall’oggetto stesso. Le luci disposte nelle sale hanno facilitato allo spettatore la percezione della rappresentazione  concreta e completa degli oggetti. Ne risulta  una cosmogonia e cosmografia ordinata. Io aspiro all’ordine  sono le parole che l’amico poeta Andrea Sottile  gli attribuisce  nel testo poetico in forma di dialogo riportato nel catalogo. Dal caos al cosmo.

Gabriella Maggio

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