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ASSENZE E MANCANZE

Divagazioni di Dante Maffia

In fondo le assenze e le mancanze sono la stessa cosa, anche se nel linguaggio quotidiano si diversificano fino ad assegnare a mancanza un senso di colpa, la volontà della defezione. Nei poeti, però, le parole lievitano e s’impastano in una maniera anomala, vorticosa, impropria e trovano adesioni o incagli impensati, tanto che le assenze, per esempio, possono diventare mostruose consapevolezze del Vuoto, caduta a picco nella Dissolvenza. A scuola. Almeno quando ci andavo io, si aveva un libretto delle assenze dove venivano, naturalmente, registrate quelle che si potevano giustificare (“assenze giustificate”), ma io ero fuori dalle regole e facevo molte assenze ingiustificate, almeno agli occhi dei professori e del preside, oltre che dei miei familiari. Mi sono domandato spesso da che cosa mi assentavo: dalla consuetudine, dall’obbligo di sedere tra i banchi, dall’obbligo di ascoltare lezioni al limite della stupidità, reiterazioni che mi davano il voltastomaco. Mi assentavo anche da me stesso, difficile cosa da spiegare, per viaggiare in un altrove dove ci si poteva arrivare se rinunciavo a certi privilegi terreni… Ma su questa strada andremmo nel metafisico transitando per stazioni immaginarie nelle quali sostavo per ricognizioni incredibili. Certo, i miei resoconti non erano creduti. Una volta, di ritorno da uno di questi viaggi, raccontai di avere incontrato delle stelle agonizzanti che mi confidarono segreti straordinari. Mia madre chiamò lo psichiatra, preoccupata che fossi diventato pazzo, e ce ne volle per farle intendere che ero suo figlio, Dante, il più piccolo della famiglia, e non Astolfo. E che veramente avevo incontrato delle stelle con le quali avevo potuto scambiare una breve conversazione servendomi del linguaggio della poesia. Povera madre mia com’era preoccupata e ricordo che mi ripeteva la parola mancanza come a dirmi che la stavo offendendo non affidandomi a lei  totalmente.Come avrei potuto farlo? Come avrei potuto farle intendere che le assenze non sono sempre il contrario delle presenze, che non vivono in astrazioni e in caselle ben composte solo per indicare il vuoto eventuale o ciò che ne scaturisce. Io avevo avuto la possibilità di abitare nelle assenze più disparate, più incredibili, dove l’aridità, per fare un solo esempio, aveva una sua capacità di germogliare in sintesi perfette e ricche di una miriade di ingerenze… già, vai a spiegare una cosa simile a una mamma semplice che stava sempre a preoccuparsi se il figlio non aveva fatto colazione, se non aveva fatto i compiti, se non si era lavato, se…  Una volta provai a fare un elenco delle assenze da me vissute e a darglielo per iscritto per farle capire agevolmente che io non facevo molta distinzione nel valutare, non so come spiegarmi, il vissuto reale e quello fantastico come foglie di uno stesso ramo. Il risultato? Chiamò il prete a benedire la casa, acqua santa in quantità perfino sui pochi libri posati sulla scrivania.E il prete: “L’assenza è appannaggio del Diavolo che sottrae la realtà p er accartocciarla nei meandri di oscuri cunicoli dove si annidano le serpi incolori dell’impurità”. Chissà dove aveva letto questa espressione. Io risi. Mia madre si adirò e dovette anche dare dei soldini a quello stregone col camice nero e la stola. Due giorni dopo costrinsi mia madre ad ascoltarmi senza la sua solita fretta. “La minestra può aspettare, anche le preghiere possono aspettare e soprattutto possono stare ferme, almeno per un poco, le tue paure. Ma’, non farti imbrogliare dai preti. Io, tuo figlio,  so che cos’è l’assenza… E’ un fiume sotterraneo che aspetta di trovare la strada giusta per fare intendere al mondo che le apparenze sono veleno”. Povera madre mia, non capì niente e la vidi piangere, strapparsi i capelli, pregarmi di non consegnarmi alla dannazione che, lei la vedeva nitida, mi stava stringendo alla gola. Il giorno dopo, al risveglio, mi trovai accanto al letto il medico del paese. Mi tastò a lungo in ogni parte del corpo, mi misurò la febbre, mi fece un mucchio di domande, e insistette nel voler sapere se frequentavo qualche setta satanica o se prendevo droghe. Io ridevo alle sue domande, mi sembravano strane e prive di senso. Poi, ieratico e flemmatico, si alzò, prescrisse delle medicine e si raccomandò di darmi molti succhi di frutta: “E’ mancante di vitamine, il ragazzo, bisogna aiutarlo nella crescita”. Vorrei vedere voi come reagireste all’offerta giornaliera di otto, dieci bicchieroni di succhi di frutta con l’aggiunta di raccomandazioni che prendevano luogo dalla Bibbia e finivano a Pinocchio. Bevevo e sputavo, sì, ruttavo, anche, e mia madre diceva che bisognava assolutamente evitare di ruttare. Un giorno mio fratello dette a mia sorella un elenco delle cose che mancavano e che erano necessarie immediatamente. Spiai sul foglio. Un bell’ elenco di ortaggi, di articoli da comprare al negozio sotto casa, di oggetti per la cucina. Cominciai a pensare che le mie mancanze, invece, erano d’altro genere  e che nessuno, proprio nessuno avrebbe potuto aiutarmi a colmarle. Mi promisi di farlo presente durante il pranzo. Alle mie parole ci fu un silenzio assoluto. Solo dopo una lunga pausa mio fratello disse: “Le tue mancanze sono di carattere disciplinare. Mancanze di frustate e di punizioni. Sono stato troppo permissivo nei tuoi confronti essendo io il fratello anziano”.  Forse era vero anche questo, ma io sentivo altre mancanze: mancanza di parole che sapessero dire delle attese delle nuvole certe sere d’estate, appollaiate su altre compagne in attesa di qualcosa di… mancanza di colori nei rapporti familiari nonostante l’amore… mancanza di attenzione al passerotto che la mattina veniva a beccare qualche briciola sul balcone… Stetti zitto per una settimana. Rimuginai su assenze e mancanze, cercai di capire che cosa fossero veramente, ma mi resi conto che sono concetti acquatici e ribollenti di schiuma cangiante, e che in ogni settore della vita hanno una loro valenza. Nella mia vita di poeta sono malattie malefiche, rubano ai sogni, l’ho scoperto, la loro linfa, bisogna che le cancelli dal dizionario, per sempre.

 

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